Se si hanno piante in balcone, è ovvio che le si innaffi per evitare che muoiano. Bisogna però fare attenzione che l’acqua non cada nei balconi di sotto. Fa parte del quieto vivere nel rispetto dei vicini come le ore di silenzio che devono essere sempre rispettate.

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Secondo la Cassazione

Secondo la Cassazione infatti costituisce reato l’innaffiare le piante e far cadere l’acqua nel balcone di sotto se l’episodio si verifica più volte (oppure se si verifica una sola volta ma intenzionalmente e procuri consistenti danni).

Si potrebbe essere accusati di “getto di cose pericolose o atte a imbrattare” e questo reato è punito con l’arresto fino a un mese o con un’ammenda fino a 206 euro. Infatti da un punto di vista civilistico è sempre possibile esperire un’azione di risarcimento, sempre che il danno prodotto sia rilevante e non risibile.

In assenza di danno, che non deve essere necessariamente patrimoniale, può consistere anche solo lo stress psicologico derivato dalla reiterazione del comportamento o nella compressione del diritto di affaccio dal proprio terrazzo, ma non sarà possibile alcuna tutela.

E non si può fare causa per un semplice fastidio arrecato saltuariamente.

Dal punto di vista penale

Dal punto di vista penale, il singolo episodio di annaffiatura delle piante e scolo dell’acqua non è tutelabile: non si può sporgere querela solo perché qualche goccia è finita sul balcone del piano di sotto.

Sostiene la Suprema Corte che è necessaria una prolungata attività di inondazione del terrazzo del vicino e con il fine di imbrattare il pavimento e i muri, per configurarsi reato penale.

La consapevolezza del danno deve essere chiara e insita nel comportamento del responsabile che, nonostante le ripetute lamentele del vicino e la richiesta di cessazione del comportamento molesto, non si sia conformato ad essa.

Ecco perché, se si vuole sporgere querela, è sempre bene prima inviare una lettera di diffida con raccomandata con ricevuta di ritorno in modo da segnalare l’episodio e avere le prove di ciò.
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